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News / News / 08-09-2023

Emergenza clima, acceleriamo con le rinnovabili

L'articolo di Agostino Re Rebaudengo sulla Rivista Nuova Energia

Bisogna aumentare le risorse per contrastare il cambiamento climatico e per l’energia pulita”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni in cui l’intero Paese, da Nord a Sud sta vivendo un dramma a causa della grave emergenza climatica.

Scrivo questo articolo mentre nelle Regioni del Nord Italia si verificano violenti nubifragi, tornado, grandinate di portata straordinaria, un disastro.

Al Sud le ondate di caldo record hanno spinto le temperature oltre i 48° C in Sardegna, i 47° in Sicilia, dove il forte vento ha alimentato gli incendi che hanno devastato l’intera Regione.

Mentre prosegue la conta dei danni al paesaggio, all’ambiente, alle economie regionali, sappiamo già che l’Italia, dopo la Germania e la Francia, è il Paese europeo con le maggiori perdite economiche causate dagli eventi climatici estremi.

Secondo il World Weather Attribution (WWA), raggiungere simili temperature estreme sarebbe "statisticamente impossibile" in assenza del riscaldamento globale causato dall'uomo. E’ una ovvietà che (incredibilmente) è ancora opportuno sottolineare.

"Quello che sta accadendo al Nord ed al Sud sono le due facce di una stessa medaglia: il cambiamento climatico." “Lo sconvolgimento climatico impone a tutti noi un cambio di passo, senza alibi per alcuno.” In queste dichiarazioni del Ministro Musumeci ci sono messaggi importantissimi che auspico arrivino forti e chiari a tutte e tutti, dai cittadini alle Regioni e agli Enti Locali.

La priorità per la sicurezza nazionale è accelerare la riduzione delle emissioni di CO2 e diffondere soluzioni di mitigazione e adattamento all’emergenza climatica, affinché una situazione già gravissima non continui a peggiorare.

Infatti, come ha spiegato il climatologo del CNR Giulio Betti: “A causa del cambiamento climatico le ondate di calore ed altri eventi estremi in futuro saranno sempre più frequenti.”

Per ridurre le emissioni di CO2 – stabilmente e in modo rapido - la soluzione più efficace è accelerare la transizione energetica. Ovvero, dobbiamo produrre molta più energia elettrica da fonti rinnovabili ed elettrificare i consumi.

Abbiamo già un Piano per farlo, condiviso con il Governo e coerente con il REPowerEU. Elettricità Futura ha elaborato il Piano 2030 del settore elettrico, prevede di arrivare a produrre l’84% di elettricità con le rinnovabili, creando anche 360 miliardi di benefici per l’economia nazionale e 540.000 nuovi posti di lavoro in Italia.

A che punto siamo con il Piano 2030 del settore elettrico?

Il Piano prevede 85 GW di nuove rinnovabili nel periodo 2022-2030 per portare la potenza totale rinnovabile installata in Italia a 143 GW. 

A fine 2021 la potenza totale rinnovabile era 58 GW.

Nel 2022 sono stati installati 3 GW di rinnovabili in Italia, un dato che evidenzia la lentezza della transizione energetica nel nostro Paese se confrontato con gli 11 GW installati dalla Germania nello stesso periodo, i 6 della Spagna e i 5 della Francia.

Stimiamo che nel 2023 vengano installati 6 GW di nuove rinnovabili in Italia.

Dal 2024 al 2030, per centrare l'obiettivo di 143 GW di potenza totale rinnovabile in esercizio al 2030, dovremmo installare 76 GW di rinnovabili, oltre a quelli necessari per sostituire gli impianti che via via diventeranno obsoleti (almeno 8 GW nel periodo).

In sintesi, sarà quindi necessario realizzare più di 12 GW all’anno di impianti rinnovabili. 

Possiamo farlo? Assolutamente sì. Nel lontano 2011, in un solo anno, abbiamo installato in Italia 11 GW di nuove rinnovabili.

Realizzare 12 GW all’anno è più che mai fattibile oggi, con l’innovazione tecnologica che ha fatto passi da gigante e con il know-how sviluppato dai nostri operatori, una filiera industriale che eccelle a livello mondiale e che è pronta a investire in Italia per raggiungere l’obiettivo.

Cosa serve per farlo?

Bisogna accelerare il ritmo di rilascio delle autorizzazioni. Ovvero, è necessario arrivare dal primo step autorizzativo all’ultimo senza accumulare sei/sette anni di ritardi!

Il punto è che a livello nazionale, grazie alle semplificazioni del Governo e al rafforzamento delle Commissioni VIA – VAS e PNRR – PNIEC, si iniziano a rilasciare più ok ai nuovi progetti.

Dopo questo primo step, la trafila autorizzativa continua, passando per le Regioni, i Comuni e gli Enti locali. E’ in questi passaggi che i progetti continuano ad arenarsi per tanti anni.

Una delle ragioni principali (non l’unica), è che manca una definizione delle aree idonee ad ospitare i nuovi impianti, e in assenza si tende a ritardare o negare l’autorizzazione.

Definire delle aree come idonee alle rinnovabili è una indicazione che nasce in ambito europeo per velocizzare il rilascio delle autorizzazioni, una priorità soprattutto per l’Italia che ha le tempistiche più lunghe d’Europa.

Realizzare un impianto in un’area idonea segue un iter burocratico semplificato che si può completare in un terzo del tempo rispetto alla trafila autorizzativa per installare l’impianto in un’altra area.

Il Decreto aree idonee lo aspettiamo dal giugno 2022, quando Il MiTE avrebbe dovuto pubblicare i criteri che servono alle Regioni per identificare le aree.  

Il 12 luglio 2023, il MASE ha annunciato la trasmissione alla valutazione della Conferenza Unificata del Decreto Ministeriale sulle aree idonee, colmando il ritardo normativo ereditato dal precedente Governo.

E’ positivo che il Decreto indichi un obiettivo nazionale di 80 GW di nuove rinnovabili al 2030, è sostanzialmente in linea con il Piano 2030 del settore elettrico, elaborato da Elettricità Futura, e con il REPowerEU. 

Darsi un obiettivo che risponde alle priorità del Paese è fondamentale, ma evitare di introdurre barriere al suo raggiungimento è indispensabile.

In assenza di correttivi, questo DM renderà, nella pratica, quasi impossibile fare i nuovi impianti che servono all’Italia.

Alcuni criteri sono troppo restrittivi, altre sono vere e proprie limitazioni alla realizzazione degli impianti che vanno ben oltre le competenze della materia oggetto di Decreto.

Come nel caso dell’eolico. Secondo l’attuale bozza di DM, sono idonee ad ospitare impianti eolici solo le aree che hanno una ventosità tale da garantire 2.250 ore annue di producibilità.

Non solo è un valore troppo alto ma è un errore considerare la producibilità come un criterio per definire le aree. Non è un criterio, è di fatto un limite, stabilito in modo arbitrario.

Peraltro, mentre in Italia rischiamo di non fare impianti eolici se non viene tolto questo limite della producibilità, la Germania, al contrario, qualora in un’area ci fosse una minor ventosità rispetto alla media, prevede di aumentare la tariffa incentivante fino al +30%!

Dove l’Italia blocca, la Germania introduce prezzi maggiorati per comunque produrre più energia rinnovabile.

Inoltre, il Decreto prevede una distanza minima (buffer) tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici di 3 km, una distanza che può aumentare fino a 7 km nel caso di beni culturali identificati come “di pregio”. Questa estensione, se non eliminata, renderà impossibile fare impianti nella stragrande maggioranza delle Regioni.

L’attuale bozza del DM presenta criticità anche per il fotovoltaico e l’agrivoltaico. Il Decreto dovrebbe indicare criteri per definire le aree idonee, non introdurre limiti restrittivi all’utilizzo di quelle aree. Invece, secondo l’attuale DM, definita come idonea un’area, solo il 10% di quell’area può ospitare un impianto fotovoltaico tradizionale, e solo per il 20% l’area può essere dedicata all’agrivoltaico.

In base a questi principi, gli operatori dovrebbero acquisire diritti su aree 5 o 10 volte più ampie rispetto alle aree che effettivamente servono per gli impianti.

Insieme a questi fondamentali correttivi da apportare al DM aree idonee, pena il blocco totale delle rinnovabili, c’è anche un altro aspetto che ritengo importante. C’è la necessità di sottoporre a repowering gli impianti rinnovabili che negli anni diventeranno obsoleti. Sono interventi virtuosi perché a parità di suolo occupato dagli impianti permettono di produrre più elettricità rinnovabile, impiegando nuove e più performanti tecnologie.

Incredibilmente, in Italia i progetti di repowering vengono penalizzati con una riduzione delle tariffe del -5%, principalmente a causa di una norma che risale al 2013, lo “spalmaincentivi volontario”, un provvedimento autolesionistico già allora i cui effetti residui dovrebbero essere cancellati.

L'articolo pubblicato su Nuova Energia

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