È stato presentato nei giorni scorsi “l’Effect-based activities on air pollution”, rapporto realizzato da Enea sull’inquinamento atmosferico, una delle sfide cardini degli ultimi anni. Tra il 1990 e il 2014 i cinque inquinanti più dannosi in Italia si sono ridotti. In particolare il biossido di zolfo è diminuito del 93 per cento, il monossido di carbonio del 69 per cento, gli ossidi di azoto del 61 per cento, i composti organici volatili non metanici del 57 per cento, le polveri sottili PM2,5 del 31 per cento. Sono tante le iniziative politiche volte a mitigare l’inquinamento, sia a livello europeo che a livello mondiale (WHO), come il Protocollo di Gothenburg del 2012 e il Clean Air Policy Package del 2013. Eppure bisogna sperare ancora in nuovi margini di miglioramento, soprattutto in vista degli obiettivi del 2030.
Queste riduzioni sono il risultato del miglioramento dell’efficienza energetica, della diffusione delle rinnovabili, ma anche della diffusione delle nuove tecnologie, dell’introduzione del gas naturale nella produzione elettrica e dell’elettricità nei sistemi di climatizzazione domestica, della riduzione delle emissioni nel settore energetico, industriale, dei trasporti. Proprio il settore dei trasporti ha dato un forte contributo alla riduzione delle emissioni, registrando una riduzione del 90 per cento di SOx e del 100 per cento di Pb. Eppure, nonostante la gran parte del calo degli ossidi di azoto (69 per cento) provenga dai trasporti, i risultati ottenuti sono stati minori di quelli attesi con l’introduzione degli Euro per le vetture a gasolio. I test su strada hanno dimostrato infatti che le emissioni nel ciclo di vita reale di un veicolo sono maggiori rispetto a quelle misurate durante i test di omologazione.
Secondo il rapporto ENEA, il settore che ha contribuito meno alla riduzione degli inquinanti è stato quello agricolo, che presenta una forte emissione di ossidi di azoto: basti pensare che è responsabile del 96 per cento dell’emissione di NH3 in Italia nel 2014. Davanti una crescente urbanizzazione, l’importanza del verde urbano (foreste, alberi, parchi, boschi) è fondamentale per migliorare la qualità dell’aria e la vita dei cittadini. Le foreste urbane sono in grado di catturare gli inquinanti come polveri sottili e ozono e secondo lo studio realizzato da ENEA, gli alberi in città possono abbattere del 13 per cento il PM10 e del 5 per cento l’ozono.
Cosa rimane da fare per ridurre l’inquinamento atmosferico? La diffusione di protocolli e direttive ha contribuito a ridurre, ma non a eliminare gli impatti negativi dell’inquinamento sull’ambiente, sull’uomo e sui monumenti. Secondo l’Effect-based activities on air pollution, molte sono le iniziative che devono essere intraprese per eliminare del tutto questi impatti negativi. L’Italia, nonostante i miglioramenti, è ancora lontana dal raggiungimento dei limiti previsti dalla direttiva europea NEC sui tetti alle emissioni al 2030 (in particolare per il PM2,5). Per ridurre le emissioni, occorre far un uso più efficiente dei sistemi di riscaldamento domestico e dei fertilizzanti in agricoltura. Secondo l’ENEA è fondamentale promuovere stili di vita e abitudini a basso impatto inquinante, non solo nelle attività industriali ma anche in quelle domestiche.