Nel numero 2/2023 di Ecoscienza, la rivista bimestrale di Arpae Emilia-Romagna, è stato pubblicato l'articolo di Agostino Re Rebaudengo, Presidente Elettricità Futura, "Rinnovabili e rilancio dell'economia in Italia" che condividiamo di seguito.
La strada di una crescita che faccia aumentare produttività e salari in Italia passa dalla transizione energetica e dal PNRR. Apro questo mio articolo richiamando una recente dichiarazione di Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’economia, perché credo ben renda la molteplicità di benefici che la transizione energetica porta con sé.
Nata come soluzione per contrastare l’emergenza climatica, la decarbonizzazione ha poi assunto la valenza di risposta strutturale all’emergenza energetica acuita dallo scoppio della guerra della Russia contro l’Ucraina e strada maestra per acquisire più indipendenza, sicurezza e sostenibilità degli approvvigionamenti.
E non solo.
Il passaggio ad un sistema energetico basato prevalentemente sulle rinnovabili è infatti un percorso di rilancio dell’economia e della competitività del nostro Paese e un volano per lo sviluppo della filiera industriale e dell’occupazione.
Ne è pianamente consapevole Elettricità Futura, la principale Associazione del settore elettrico italiano che rappresenta oltre 500 imprese e più del 70% del mercato elettrico nazionale.
Il Piano 2030 del settore elettrico, elaborato da Elettricità Futura e condiviso dal precedente e dall’attuale Governo, ha l’obiettivo di installare in Italia 85 GW di nuova capacità rinnovabile al 2030, portando all’84% le rinnovabili nel mix elettrico.
Questo obiettivo consentirà di creare oltre 360 miliardi di euro di benefici economici, in termini di valore aggiunto per filiera e indotto, e 540.000 nuovi posti di lavoro nel settore elettrico e nella sua filiera industriale nel 2030, che si aggiungeranno ai circa 120.000 di oggi.
I benefici del Piano 2030 del settore elettrico sono stati valutati dallo studio di Enel Foundation “La filiera italiana delle tecnologie per le energie rinnovabili e smart verso il 2030” realizzato in collaborazione con Althesys ed Elettricità Futura e presentato all’evento dell’8 febbraio 2023 in presenza del Ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
L’evento dell’8 febbraio ha ulteriormente confermato che la Visione del Governo e delle Imprese del settore elettrico, rappresentate da Elettricità Futura, è allineata nella direzione di accelerare la transizione energetica con il comune obiettivo di rilanciare l’economia nazionale attraverso lo sviluppo della filiera industriale delle rinnovabili.
L’obiettivo 85 GW di rinnovabili al 2030, proposto da Elettricità Futura, verrà incluso nell’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC), ha affermato il Ministro Pichetto Fratin nel suo intervento dell’8 febbraio, aggiungendo che c’è anche l’impegno politico ad accelerare il più possibile la questione delle aree idonee agli impianti rinnovabili e la volontà di effettuare un riordino complessivo delle procedure autorizzative per i nuovi progetti.
È bene ricordare che 85 GW di nuove rinnovabili richiederanno solo lo 0,3% del territorio italiano per essere installate.
Secondo Elettricità Futura, le aree potenzialmente idonee all’installazione delle rinnovabili sono tutte quelle che non hanno vincoli di natura morfologica, normativa o di destinazione d’uso.
Secondo lo studio Terna-Snam, queste aree sono circa il 27% della superficie italiana.
Il Piano 2030 del settore elettrico dimostra che quello che viene avvertito come un rischio, è invece una grande opportunità industriale e produttiva per il nostro Paese, ha spiegato il Ministro Urso. La filiera nazionale delle tecnologie rinnovabili è già un’eccellenza a livello europeo, e possiamo rafforzare questa significativa leadership.
Concordo pienamente con quanto affermato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy l’8 febbraio.
Infatti, contrariamente a quanto comunemente si pensa, la filiera italiana delle rinnovabili è un'eccellenza nazionale competitiva a livello globale.
Secondo il Rapporto di Intesa Sanpaolo "Transizione energetica: la filiera delle tecnologie delle rinnovabili in Italia", il nostro Paese è il 6° esportatore di tecnologie rinnovabili nel mondo e sale al 4° posto nella classifica globale per alcuni componenti eolici.
Dal Rapporto emerge che negli ultimi 10 anni il saldo commerciale import – export dell'Italia nelle tecnologie rinnovabili è stato sempre positivo, e che negli ultimi cinque anni abbiamo esportato tecnologie rinnovabili per circa 5 miliardi di euro.
Il rafforzamento della filiera industriale della transizione energetica è una priorità per la sicurezza e la competitività dell’Europa. Lo dimostra anche il Net-Zero Industry Act (NZIA), la proposta di regolamento della Commissione europea pubblicata il 16 marzo 2023 che ha l’obiettivo di aumentare la capacità di produzione di tecnologie strategiche per la decarbonizzazione a livello comunitario.
La produzione “Made in Europe” dovrà essere sufficiente a soddisfare almeno il 40% del fabbisogno annuo di ogni tecnologia (tra cui pannelli fotovoltaici, pale eoliche, batterie, elettrolizzatori per produrre idrogeno) necessaria al raggiungimento dei target di decarbonizzazione europei al 2030.
Complementare al Net-Zero Industry Act e pubblicata anch’essa il 16 marzo 2023, è il Critical Raw Materials Act (CRMA), l’altra proposta di regolamento con cui la Commissione europea intende rafforzare la resilienza della filiera industriale della transizione energetica a livello comunitario e aumentare l’indipendenza da alcuni Paesi esportatori di materie prime strategiche (come il litio, il cobalto, il silicio, il titanio), diversificando le catene di approvvigionamento dell'Unione europea e puntando sulla circolarità dei materiali.
La proposta “Critical Raw Materials Act” della Commissione europea prevede che entro il 2030 la dipendenza di ciascuna materia prima strategica da un singolo Paese – in tutte le fasi della trasformazione – non potrà superare il 65% del consumo europeo.
Prevede anche che l’Europa aumenti la propria capacità estrattiva per soddisfare almeno il 10% del proprio fabbisogno di materie prime strategiche, e la propria capacità di lavorazione delle materie prime per almeno il 40% del proprio fabbisogno entro il 2030.
Questi due provvedimenti dovranno passare al vaglio del Parlamento europeo e degli Stati Membri, ma è indubbio che l’Europa e l’Italia abbiano la necessità di dotarsi di una Visione strategica e di un Piano d’azione per accelerare la transizione energetica e incrementare la propria competitività.
Secondo una ricerca di Cassa Depositi e Prestiti, "Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche" pubblicata a marzo 2023, l’Europa potrebbe soddisfare al 2040 oltre la metà della domanda di litio (52%) e di cobalto (58%) attivata dalla mobilità elettrica tramite il riciclo delle batterie esauste.
Lo scorso 17 febbraio, l’Italia ha attivato il Tavolo nazionale per le materie critiche, promosso nel nuovo format dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con tutti gli attori pubblici e privati.
Quelle delle materie prime strategiche è una partita di grandissima importanza destinata a ridisegnare le relazioni geopolitiche globali, e l’Italia sta dimostrando la volontà politica di partecipare da subito alla definizione dei nuovi equilibri e di non voler essere subalterna.
Il Ministro Urso a fine marzo ha annunciato che si lavorerà all’aggiornamento della mappa delle materie prime strategiche che l’Italia possiede, un censimento di tutte le attività minerarie nazionali nell’ottica di renderci più autosufficienti.
Concludo ricordando che se l’Italia, e l’Europa, sono state così colpite dall’emergenza energetica è perché per tanti anni siamo stati eccessivamente dipendenti dalle importazioni di combustibili fossili che hanno anche generato un flusso crescente di risorse economiche verso l’estero che ha visto una drammatica impennata negli ultimi anni.
Importante lavorare per renderci più autonomi, ad esempio per le materie prime strategiche, ma è giusto riconoscere che se ancora per qualche tempo avremmo bisogno di importare tecnologie o materie prime per la transizione saranno asset che ci consentiranno di produrre in autonomia e sostenibilità l’energia che ci serve, per almeno 25 anni.
Questo articolo è stato scritto a fine marzo 2023
Il numero 2/2023 di Ecoscienza