In relazione alla norma in oggetto si segnala che l’articolo 12, comma 8-bis del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 prevede che “Qualora alla data di scadenza di una concessione non sia ancora concluso il procedimento per l’individuazione del nuovo concessionario, il concessionario uscente proseguirà la gestione della derivazione, fino al subentro dell’aggiudicatario della gara, alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione vigenti”.
La ratio di tale norma va ricercata nella necessità di garantire la continuità della gestione della concessione di derivazione, fino alla nuova assegnazione.
L’articolo 12 comma 8-bis in questione, nella parte in cui disciplina le modalità di prosecuzione delle grandi concessioni scadute, prevedendo che la gestione della derivazione avvenga alle stesse condizioni, costituisce principio generale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (così, tra le altre, C. Cost. 101/2016).Come noto, nelle materie di legislazione concorrente, i principi generali stabiliti dallo Stato costituiscono limite e guida alla potestà normativa regionale.
Per quanto qui interessa, ciò significa che le Regioni possono senz’altro dettare la disciplina di dettaglio che regola la continuazione della gestione delle grandi derivazioni in attesa di rinnovo, a patto che tale disciplina di dettaglio non contrasti con il principio di intangibilità delle condizioni di esercizio stabilite dalle normative e dal disciplinare vigenti alla data di scadenza della concessione.
Detto in altri termini, le Regioni non possono rendere più gravoso l’esercizio delle grandi concessioni di derivazione scadute e in attesa di riassegnazione.
Ciò doverosamente premesso, con Legge regionale 6 febbraio 2018, n. 3 (Norme urgenti in materia di ambiente, di energia, di infrastrutture e di contabilità), la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha, di fatto, contravvenuto al principio generale secondo cui le grandi concessioni di derivazione scadute, fino al rinnovo, devono continuare a essere esercite a parità di condizioni.
Infatti, l’articolo 4, comma 1, lett. w) della predetta Legge regionale prevede che: "Il canone demaniale previsto dal decreto di cui al comma 1 [si tratta del Regolamento relativo alla determinazione dei canoni demaniali dovuti per le concessioni di derivazione d’acqua] è aumentato nella misura di 40 euro per kW nei casi in cui l'esercizio delle concessioni di derivazione d'acqua, ferme restando le condizioni stabilite dalle vigenti normative e dal disciplinare di concessione, sia prorogato ai sensi dell'articolo 12, comma 8-bis, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 ".
Il Regolamento relativo alla determinazione dei canoni demaniali dovuti per le concessioni di derivazione d’acqua (approvato con D.P.Reg. 5 gennaio 2017 n. 011/Pres.) stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2018, per (tutte) le grandi concessioni di derivazione a scopo idroelettrico, il canone che il concessionario è obbligato a versare all’ente concedente sia pari a 30 €/kW.
La norma regionale in commento ha introdotto una deroga a tale disposizione perché per le concessioni di grande derivazioni scadute tale canone ha subito un illegittimo aumento di oltre il 130%, in contrasto con il principio generale (inderogabile) secondo cui, è opportuno ripeterlo, le grandi concessioni di derivazione scadute, fino al rinnovo, devono continuare a essere esercite a parità di condizioni.
Tanto premesso, la scrivente Associazione ritiene che l’articolo 4, comma 1, lett. w) della Legge regionale 6 febbraio 2018, n. 3 (Norme urgenti in materia di ambiente, di energia, di infrastrutture e di contabilità), pubblicata sul B.U. della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 7 del 14 febbraio 2018, sia in contrasto con i principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia di cui all’art. 117, terzo comma, Cost..
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