Elettricità Futura ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio, al MiTE e al MEF le proprie osservazioni in merito al decreto-legge 22 marzo n. 21, avente come oggetto “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, che introduce, con l’articolo 37, un nuovo Contributo Straordinario - a titolo di prelievo solidaristico straordinario - da versare in caso di “profitti extra” da parte delle aziende energetiche.
In generale, l’Associazione ritiene che la norma così strutturata, colpendo l'intera filiera, contenga numerose criticità, dal periodo temporale considerato, al perimetro delle operazioni per il calcolo del Contributo, oltre che alla legittimità di quest'ultimo rispetto alle disposizioni costituzionali rilevanti.
Leggi il testo integrale della lettera.
Egregi,
Il decreto legge 22 marzo 2022 n. 21, avente ad oggetto “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, introduce, con l’articolo 37, un nuovo contributo da versare in caso di “profitti extra” da parte di aziende energetiche. La norma, così come strutturata, colpisce l’intera filiera del settore: dalla produzione alla vendita e rivendita di energia elettrica.
Con il consueto spirito costruttivo e collaborativo che sempre caratterizza l’azione di Elettricità Futura, mi permetto di trasmetterVi una nota in cui rappresentiamo come l’impianto normativo impostato dal Governo, rispetto a tale prelievo solidaristico, si presti a una serie di considerazioni critiche. In particolare, tali profili di criticità riguardano, da un lato, la natura e l’impianto tecnico del Contributo Straordinario e, dall’altro, più in generale, la compatibilità con le disposizioni costituzionali rilevanti.
Leggi il testo integrale delle Osservazioni.
Inquadramento della misura
L’articolo 37 del DL n. 21 del 21 marzo 2022 dispone, al fine di contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori per l'anno 2022, un contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario.
Il contributo è dovuto dalle imprese che esercitano l’attività di produzione e importazione, per la successiva rivendita, di energia elettrica, di gas metano o di estrazione di gas naturale, nonché dai rivenditori di energia elettrica, di gas metano o di estrazione di gas naturale e dai soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi.
Il contributo non è invece dovuto dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti.
Il prelievo è calcolato sull’incremento del saldo tra le operazioni attive e passive, al netto dell’IVA, fatturate nel periodo ottobre 2021 - marzo 2022 rispetto al periodo ottobre 2020 - marzo 2021, purché tale incremento sia almeno del 10% e comunque superiore a 5 milioni di euro.
Il contributo si applica nella misura del 10% calcolato sul saldo.
Il contributo dovrà essere liquidato e versato entro il 30 giugno 2022, secondo modalità che verranno definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Principali aspetti critici
La misura suscita non poche perplessità, in via preliminare in merito alla sua natura, poiché al di là della terminologia utilizzata, sembra più verosimilmente qualificabile non come “contributo” ma come una vera e propria “imposizione” tributaria, con una non trascurabile incertezza circa l’effettiva possibilità di realizzare il gettito previsto. In tal senso utile rammentare che in tema di tassazione degli extra-profitti, già in passato la Corte Costituzionale ha censurato - sotto il profilo della legittimità costituzionale - l’imposizione di tributi in assenza "di un meccanismo che consenta di tassare separatamente solo l'eventuale parte di reddito suppletivo connessa alla posizione privilegiata dell'attività esercitata dal contribuente al permanere di una data congiuntura". Lo stesso servizio di Bilancio del Senato ha messo a punto una nota di lettura in cui afferma che è necessaria “una riflessione volta ad escludere l'incompatibilità costituzionale” dell’art. 37 del DL in oggetto, rilevando diverse potenziali criticità: dai dubbi su base imponibile e arco temporale al rischio di elusione e di traslazione sui prezzi energetici dei clienti finali”. La nota suggerisce, quindi, di svolgere “un ulteriore approfondimento in proposito al fine di verificare se tali aspetti possano riflettersi sulla ragionevolezza dell'impianto normativo”.
Un aspetto critico è relativo al periodo temporale considerato.
Non si comprende la decisione di utilizzare, ai fini del confronto tra i prezzi, un periodo non rappresentativo dell’andamento medio dei prezzi del settore (il 2020 è un anno di prezzi eccezionalmente ridotti e fortemente influenzato dalle restrizioni e limitazioni connesse alla pandemia da Covid19, l’intervallo ottobre 21-marzo22 è invece stato caratterizzato da prezzi straordinariamente alti), perlopiù a cavallo tra due annualità.
Peraltro, il computo del saldo tra le operazioni sembra considerare la data di emissione della fattura e non la competenza economica. Ad es. rispetto ad una fattura in acquisto il 30/9/21 e in rivendita il 1/10/21, si applica l’extra profitto sulla vendita, così come vendendo energia prodotta con combustibile già a magazzino.
Analogamente, potrebbero rientrare nel periodo considerato ricavi la cui fatturazione non ha cadenza fissa annuale, ma dipende da decorsi amministrativi (ad esempio i ricavi da incentivi GSE in esito a procedure di conguaglio annuale, che potrebbero ricadere un anno nella finestra considerata, e l’anno precedente fuori dalla stessa).
Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dal perimetro delle operazioni soggette alla disposizione.
Sebbene infatti nell’intenzione del Governo ci sia una forma di prelievo su quelli che dovrebbero essere quote di margini riconducibili all’incremento dei prezzi dell’energia, il perimetro in cui misurare tali extra profitti non sembra centrato, poiché nel computo del totale:
- da un lato entrano margini operazioni attive derivanti da fenomeni che nulla c’entrano con il caro prezzi energia, quali ad esempio la vendita di un’immobile, di beni strumentali, o operazioni finanziarie quali acquisti e vendite di partecipazioni, operazioni di investimento e disinvestimento in asset. Peraltro, per tali casistiche, il prelievo andrebbe a gravare sull’intero ricavo derivante dalla cessione e non sul margine, (colpendo indiscriminatamente, ad esempio, anche quei casi in cui il contribuente abbia realizzato una minusvalenza) e determinando, pertanto, una evidente violazione del principio della capacità contributiva
- dall’altro vengono tralasciate voci di costo che incidono sul risultato finale come ad esempio il costo del lavoro ovvero gli ammortamenti su investimenti effettuati all’esterno dei periodi considerati dalla misura.
Nel computo della base imponibile non sono considerati elementi in grado di intervenire in maniera indiretta sui ricavi come, ad esempio, meccanismi di incentivazione correlati al prezzo dell’energia che prevedano già la restituzione di importi eventualmente percepiti dalla vendita dell’energia quando superiori alla tariffa aggiudicata (es. contratti a due vie ex DM 4/7/2019 ed ex DM 23/06/2016 per gli impianti ad accesso diretto ed a registro) o che prevedono una modulazione inversamente proporzionale al prezzo dell’energia come le convenzioni Grin (ex cv ex DM 06/07/2012), operazioni che il riepilogo IVA non evidenzia.
Come noto sono escluse dall’applicazione dell’articolo 37 le società regolate del trasporto/trasmissione/distribuzione di gas/energia elettrica in quanto soggette ad un vincolo ai ricavi fissato da ARERA, nel rispetto del principio del full cost recovery. Analogamente dovranno essere escluse le partite relative ai business regolati della generazione, come ad esempio gli impianti essenziali contrattualizzati da Terna per la sicurezza del sistema elettrico e che godono di un reintegro dei costi fissi sostenuti e per quanto attiene ai costi variabili incassano il CVR (costo variabile riconosciuto fissato da ARERA) e non il prezzo di mercato. Eventuali differenze/marginalità tra i 2 semestri considerati potrebbero essere dovute a voci in acconto ancora da conguagliare a cura di Terna (tipicamente in anni successivi). Se diversamente anche tali unità di produzione dovessero essere assoggettate alla norma in questione, tale extra-costo dovrà poi essere “riconosciuto” dalla regolazione nelle partite successive (come avviene per i settori infrastrutturali regolati i cui costi riconosciuti sono aggiustati a seguito di modifiche normative intervenute).
Al fine di evitare effetti distorsivi e aberranti rispetto alla ratio della disposizione, sarebbe opportuno escludere dal calcolo del saldo anche tutte le operazioni estranee alla gestione tipica dei soggetti incisi quali ad esempio le operazioni straordinarie (e.g. M&A).
Tutte le criticità sopra evidenziate rispetto al perimetro delle operazioni che darebbero origine ai (supposti) profitti conseguenti all’aumento dei prezzi dell’energia, incidono su una determinazione falsata dell’ammontare colpito dalla misura di restituzione, rischiando di determinare, impropriamente, uno sforamento delle soglie minime previste per l’incremento (10% - 5mln), soglie peraltro definite in maniera arbitraria, senza valide argomentazioni a supporto. Per tamponare parzialmente questo effetto, la soglia fissata in 5 milioni di euro, in particolare, dovrebbe essere innalzata.
Inoltre, poiché la norma, vincolando la valorizzazione della base imponibile del contributo unicamente a componenti rilevanti ai fini IVA (quasi un’addizionale IVA), penalizza enormemente società che hanno costi non rilevanti ai fini IVA (ad esempio costi del personale o altri costi fuori campo IVA).
Un altro aspetto che pare non sia stato sufficientemente ponderato è quello dei soggetti destinatari della misura.
Nel merito, il generico riferimento al saldo tra partite attive e passive sembra poter estendere l’ambito di applicazione della norma in tutti i settori in cui i destinatari della stessa operano, senza particolari distinzioni, senza prevedere ad esempio alcun criterio di prevalenza delle attività interessate dalla disposizione, con il rischio che al contributo vengano assoggettate anche società che forniscono energia quale componente di un servizio più complesso (anche solo per il codice ATECO dichiarato in Camera di Commercio).
Un ulteriore elemento da considerare dovrebbe essere quello del perimetro societario e delle operazioni intercompany. Infatti, alcune società operano all’interno di un gruppo societario come controparte centrale di operazioni di energy management e trading. Potrebbe pertanto accadere che una società considerata singolarmente abbia un extramargine da assoggettare a tassazione, ma che tale margine risulti invece ridotto o nullo prendendo come riferimento il netto delle operazioni del gruppo.
Il parametro dell’incremento nel valore aggiunto ai fini IVA per misurare il conseguimento dell’extraprofitto non è, peraltro, adeguato, anche a causa dell’inclusione nella base imponibile delle sole operazioni attive afferenti alle stabili organizzazioni all’estero di società italiane attratte ai fini IVA dalla casa madre con effetto di inflazionamento della base, non rilevando - ai fini del calcolo - le corrispondenti operazioni passive (analogamente, ciò avviene per le società estere con branch in Italia).
Un possibile ulteriore elemento di criticità riguarda infine l’applicazione della misura in relazione alle società di recente costituzione, che quindi abbiano registrato operazioni esclusivamente nel semestre di riferimento, per le quali se il meccanismo venisse applicato, l’intero incremento del saldo tra le operazioni attive e passive verrebbe erroneamente considerato extra-profitto. Tali soggetti dovrebbero essere pertanto esclusi dal contributo.
Non andrebbero inoltre trascurate le condizioni di contesto e le misure già previste.
La disposizione del DL “Taglia Prezzi” non tiene conto della possibile mancanza di liquidità degli operatori attivi nella commercializzazione di energia elettrica e gas che, per gli effetti del Covid-19 e del conflitto in Ucraina, devono far fronte alle proroghe stabilite per il pagamento delle bollette, all’acquisto anticipato a prezzo crescente delle commodities rispetto alla vendita, oltre che all’aumento esponenziale di clienti in difficoltà e relativi insoluti.
In aggiunta va considerato che alla misura in oggetto, per i mesi di febbraio e marzo 2022, si sommerebbe l’effetto del claw back dei profitti per i produttori di energia da fonti rinnovabili di cui all’art. 5 del DL 13/2022 (cd DL Sostegni ter). Oltre all’evidente aggravio per i soli operatori FER, il contributo si applicherebbe quindi ad un prezzo in parte poi “restituito” al sistema, e quindi non realizzato.
Infine, la maggiore criticità è probabilmente l’indeducibilità del contributo.
L’aspetto infatti che più di ogni altro appare in contrasto con la natura del prelievo straordinario è il fatto che non sia deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, sulla base di quanto affermato dalla recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, a salvaguardia del principio di tassazione sulla base della capacità contributiva.
In ultimo non andrebbero trascurate le notevoli complessità applicative in assenza di una preliminare fase interpretativa tra operatori interessati ed Agenzia delle Entrate, oltre che gli effetti distorsivi di prelievi straordinari basati su risultati di breve periodo, su investimenti che invece prevedono dei ritorni a medio-lungo termine come quelli del settore energetico.