Elettricità Futura ha trasmesso una lettera al MiTE contenente proposte per l’identificazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, di cui all’articolo 20 del D.lgs 199/2021, con l’obiettivo di contribuire alla definizione delle misure attuative della norma.
Elettricità Futura ritiene che l’individuazione delle aree idonee costituisca un passaggio fondamentale per accelerare la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile e traguardare i target di decarbonizzazione del Paese.
Per la delimitazione delle aree idonee, Elettricità Futura richiede il rispetto di alcuni principi. Tra questi:
- includere quote di territorio più ampie possibili, non limitandosi ai target PNIEC;
- prevedere una distribuzione geografica equilibrata considerando l’effettivo potenziale FER;
- prevedere meccanismi premianti affinché le Regioni superino gli obiettivi assegnati di sviluppo FER;
- considerare prioritaria l’effettiva disponibilità della risorsa FER;
- ricomprendere le aree in cui sono già presenti impianti FER;
- tener conto della connessione alla rete e del previsto sviluppo della rete stessa;
- includere impianti FER abbinati ad accumuli, sistemi di accumulo stand alone e impianti di produzione di idrogeno.
Tra le proposte di aree idonee:
- aree industriali, produttive, commerciali e artigianali;
- aree degradate, contaminate, cave e miniere, discariche e aree a servizio di discariche di rifiuti in gestione post-operativa, Siti di Interesse Nazionale (SIN) ed aree limitrofe;
- aree limitrofe a grandi infrastrutture viarie;
- aree agricole: non coltivate, abbandonate, marginali, improduttive ovvero a bassa capacità d’uso del suolo; aree in stato di degrado o compromissione ambientale; aree limitrofe ad aree produttive, industriali, commerciali, degradate e/o significativamente antropizzate; aree destinate a colture estensive ma compatibili con l’installazione di agrivoltaico e con serre fotovoltaiche; aree interessate dalle filiere produttive connesse ad impianti alimentati a sottoprodotti agricoli e che si approvvigionano della biomassa in filiera corta;
- aree limitrofe ad impianti FER esistenti e/o sottostazioni elettriche MT/AT;
- superfici bagnate, ovvero bacini artificiali per installazione di FV galleggiante;
- infrastrutture acquedottistiche (sia potabili che irrigue) esistenti per installazione di impianti idroelettrici;
- superfici e coperture degli edifici.
Leggi il documento integrale.
Premessa e quadro di riferimento
Come noto, Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) ha fissato importanti obiettivi a livello nazionale di decarbonizzazione e penetrazione delle fonti rinnovabili al 2030, prevedendo la realizzazione di circa ulteriori 40 GW[1] di nuova capacità da fonte eolica e solare. Tali obiettivi, peraltro, saranno incrementati nella fase di revisione del PNIEC, coerentemente con i nuovi orientamenti europei che prevedono un aumento dei target di riduzione delle emissioni climalteranti. Tuttavia, ad oggi, in Italia si riscontrano tempistiche lunghe e incerte dei relativi procedimenti autorizzativi[2], nonché una frammentazione e non omogenea applicazione della disciplina connessa agli iter di rilascio dei titoli abilitativi a livello locale: ciò costituisce un impedimento nella realizzazione degli impianti rinnovabili nei tempi previsti dai target di decarbonizzazione e bloccano al contempo i conseguenti potenziali investimenti e relativi benefici.
In aggiunta a ciò, vanno tenuti in considerazione gli aspetti inerenti all’uso del suolo. Su questo tema si registra un’errata percezione in merito agli impatti sul suolo causati dagli impianti a fonti rinnovabili: Sempre più spesso questo tema viene utilizzato come ulteriore pretesto per ostacolare il rilascio dei titoli autorizzativi. A questo proposito, è stato, infatti, stimato da importanti player del settore delle rinnovabili e associazioni ambientaliste che tutta la capacità rinnovabile di rilevante taglia, attesa al 2030[3], comporterà una occupazione del suolo decisamente limitata, stimabile in meno dello 0,5% dell’intero territorio nazionale[4]. In aggiunta, l’impatto è altrettanto limitato se si fa riferimento ai terreni agricoli. In questo caso, pur assumendo una occupazione di soli terreni agricoli per la realizzazione della nuova capacità rinnovabile, il suolo impegnato sarebbe pari a circa l’1% di quello disponibile in tutto il Paese. Tale valutazione oggettiva dovrebbe rassicurare le Associazioni agricole e altri stakeholders che paventano il rischio di venire privati di terreni destinati alle attività agricole a favore della realizzazione di impianti a fonti rinnovabili.
Si auspica, dunque, che il Governo, le Regioni, gli Enti locali e gli operatori del settore collaborino sinergicamente ed efficacemente per conseguire gli obiettivi nazionali prefissati, assicurando una transizione energetica giusta ed efficiente, anche attraverso un’opportuna definizione delle aree idonee sulle quali dovrà essere possibile realizzare impianti a fonti rinnovabili.
A questo proposito, il 15 dicembre è entrato in vigore il decreto legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021, di recepimento della direttiva UE 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (cd RED II).
Il suddetto decreto, all’art. 2, lett. ggg) definisce area idonea l’“area con un elevato potenziale atto a ospitare l’installazione di impianti di produzione elettrica da fonte rinnovabile, anche all’eventuale ricorrere di determinate condizioni tecnico-localizzative”.
Queste aree dovranno essere individuate sulla base di principi e criteri stabiliti dal MiTE attraverso un decreto da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.lgs. 199/2021. Entro i successivi 180 giorni, le Regioni dovranno individuare le superfici e le aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, con potere sostitutivo statale in caso di mancata adozione.
Nelle more dell’individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni il decreto stabilisce che:
- non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione;
- sono da considerarsi aree idonee: i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale; le aree dei siti oggetto di bonifica; le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale.
Nelle aree che saranno dichiarate idonee, la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili saranno disciplinati tenendo conto che:
- nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere non vincolante, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione;
- i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di 1/3.
Proposte
Criteri per l’individuazione delle aree idonee
L’individuazione delle aree idonee costituisce un passaggio fondamentale per accelerare la realizzazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile e traguardare i target di decarbonizzazione del Paese. A tal fine il mandato assegnato alle Regioni dovrà essere in sintonia e armonizzato con l’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui all’articolo 18, comma 3 D.lgs.199/2021.
Nel definire i criteri per la delimitazione di tali aree riteniamo necessario che vengano rispettati alcuni principi.
- Le aree idonee dovranno interessare quote di territorio più ampie possibili, non limitandosi alle aree strettamente necessarie per raggiungere i target PNIEC. Ciò, anche al fine di traguardare gli obiettivi in maniera efficace ed efficiente e garantire un adeguato livello di competitività del mercato. Tale misura, infatti, se attuata in termini di perimetro complessivo esteso, può scoraggiare potenziali comportamenti distorsivi; qualora tali aree idonee fossero, al contrario, poche o fossero considerate solo quelle strettamente necessarie a traguardare i target del PNIEC vi sarebbe l’elevato e concreto rischio di speculazioni immobiliari (i terreni ricadenti nelle aree idonee acquisirebbero un valore di mercato enormemente superiore alle aree agricole circostanti), di comportamenti distorsivi della competitività, nonché d’inefficienza nel costo finale dell’energia e in generale del processo di transizione energetica.. Nell’individuazione delle aree idonee si riscontrano, inoltre limiti di natura patrimoniale (usi civici, iscrizioni pregiudizievoli quali ipoteche, ecc.) che potrebbero non permettere il trasferimento dei diritti reali dei terreni dal proprietario (quando identificato, a volte i terreni sono addirittura abbandonati e gli aventi diritto non ritracciabili) all’investitore che deve realizzare l’impianto. Un ulteriore motivo a supporto della necessità di disporre di aree idonee largamente superiori alle aree strettamente necessarie a raggiungere i target PNIEC, è quello collegato alle restrizioni di dispacciamento che si potrebbero creare per una concentrazione di impianti in pochi cluster, determinando una rinuncia all’investimento.
- La distribuzione delle aree a livello geografico dovrà essere equilibrata e tale da rispettare e considerare l’effettivo potenziale della risorsa rinnovabile nei territori (soprattutto con riferimento alla disponibilità della risorsa “vento”). Questo dovrebbe assicurare un concreto impegno di tutte le Regioni, anche oltre i termini del burden sharing. Dovrà inoltre essere prevista l’implementazione di meccanismi altamente premianti affinché le Regioni attuino comportamenti virtuosi, volti a garantire il superamento degli obiettivi assegnati di sviluppo di nuova capacità rinnovabile.
- Nella definizione dei principi per la corretta identificazione delle aree, dovrà essere considerata prioritaria l’effettiva disponibilità della risorsa energetica rinnovabile. Le aree idonee individuate dovranno infatti risultare realmente compatibili con la realizzazione di impianti in base ai dati già disponibili sulla ventosità, l’irraggiamento, lo stato della di risorsa idrica, ecc.
- Tra le aree da considerare idonee dovranno essere ricomprese quelle in cui sono già presenti impianti FER in esercizio o autorizzati, parzialmente o completamente realizzati o in costruzione, e non solo quelle nelle quali sono previsti interventi di rifacimento/repowering ma anche la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili (anche di diversa tipologia di fonte rinnovabile). In quest’ottica deve essere coerentemente eliminato il riferimento alle sole modifiche non sostanziali attualmente contenuto nel testo del decreto.
- L’idoneità dell’area dovrà tener conto non solo dello stato attuale della rete per la connessione degli impianti, valutando gli eventuali vincoli esistenti, ma anche del previsto sviluppo della rete stessa. La prossimità alle reti di distribuzione e trasmissione dovrebbe essere ritenuta prioritaria tenendo altresì conto che la rete dovrebbe comunque a sua volta essere modificata e potenziata in funzione delle aree idonee identificate.
- Le aree identificate dovranno essere ritenute idonee anche per impianti FER abbinati ad accumuli, per sistemi di accumulo stand alone e per impianti di produzione di idrogeno.
- Le opere di connessione e i sistemi di accumulo asserviti agli impianti installati in aree idonee, dovranno poter accedere ai medesimi iter autorizzativi semplificati previsti per le aree idonee, indipendentemente dal fatto che ricadano o meno in tali aree.
- L’accesso alla potenziale procedura di esproprio dovrà essere esteso anche agli iter autorizzativi e per la tipologia di tecnologia dove oggi ne è precluso l’accesso[5], per quanto concerne sia le aree di progetto/impianto che le opere connesse, superando ogni altra normativa regionale emanata in materia.
- Le informazioni sulle aree idonee, una volta identificate, dovranno essere facilmente accessibili. È necessario costruire banche dati dedicate di facile consultazione e digitalizzate, in cui trovare informazioni chiare e complete sulle aree.
- Sarà molto importante che vengano definite linee guida e criteri generali comuni per l’individuazione delle cosiddette “zone buffer” in maniera da rendere l’applicazione più omogenea a livello nazionale.
Tipologie di aree/superfici identificabili come aree idonee
L’identificazione delle tipologie di aree dovrà essere supportata da una corretta e univoca definizione e distinzione dei termini utilizzati: sito dismesso o abbandonato, attività cessata o esaurita, in modo particolare per le aree di cava e per le miniere. Dovranno essere, altresì, contemplate sia aree pubbliche sia aree di privati.
La classificazione delle aree idonee non dovrà in ogni caso e in alcun modo tradursi nell’automatica classificazione delle aree che non siano incluse in questo perimetro come “aree NON idonee”.
Di seguito alcune proposte di aree idonee:
- aree industriali, produttive, commerciali e artigianali (ossia aree in cui gli strumenti di pianificazione prevedono già una trasformazione territoriale non a uso residenziale) tenendo conto della possibilità di alimentare direttamente grandi aziende energivore e/o zone ad alto consumo ed aree limitrofe contenute entro 2 km dalle rispettive perimetrazioni, anche quando si sovrappongano con vincoli paesaggistici, ambientali e archeologici;
- aree degradate, contaminate, cave e miniere in esercizio o cessate, a prescindere da eventuale riclassificazione delle stesse aree come aree agricole (a seguito dell’adempimento della dismissione/piano di bonifica/messa in pristino), discariche e aree a servizio di discariche di rifiuti in gestione post-operativa, Siti di Interesse Nazionale (SIN - ex Art. 252, comma 1 del D.lgs. 152/06 e ss.mm.ii) ed aree limitrofe contenute entro 2 km dalle rispettive perimetrazioni anche quando si sovrappongano con vincoli paesaggistici, ambientali e archeologici;
- aree limitrofe a grandi infrastrutture viarie, autostrade, ferrovie, porti nell’ottica di promuovere iniziative di decarbonizzazione della mobilità tramite approvvigionamento diretto di energia elettrica (ad esempio elettrificazione delle autostrade per i mezzi pesanti tramite pantografo) o tramite trasformazione della stessa energia rinnovabile in idrogeno verde;
- aree agricole: non coltivate, abbandonate, marginali, improduttive ovvero a bassa capacità d’uso del suolo in base ad una relazione agronomica e pedologica da organo indipendente o attraverso dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata dal proprietario del terreno che ne ha posseduto pienamente i titoli negli ultimi anni, ferma restando la reversibilità dell’installazione; in stato di degrado o compromissione ambientale, nelle quali non sia possibile o economicamente attuabile il ripristino del terreno agricolo; limitrofe ad aree produttive, industriali, commerciali, degradate e/o significativamente antropizzate; destinate a colture estensive ma compatibili con l’installazione di agrivoltaico e con serre fotovoltaiche; interessate dalle filiere produttive connesse ad impianti alimentati a sottoprodotti agricoli e che si approvvigionano della biomassa in filiera corta;
- aree limitrofe ad impianti FER esistenti e/o sottostazioni elettriche MT/AT esistenti o future (comprese dei piani pluriennali di sviluppo delle reti da parte del TSO/DSO) contenute entro 2 km dalle rispettive perimetrazioni;
- superfici bagnate, ovvero bacini artificiali, ove poter prevedere installazione di fotovoltaico flottante, a prescindere da eventuale classificazione delle aree come ad uso agricolo;
- infrastrutture acquedottistiche (sia potabili che irrigue) esistenti per installazione di impianti idroelettrici.
- superfici e coperture degli edifici.
Si auspica che il MiTE preveda un coinvolgimento diretto dell’Associazione nelle successive ed importanti fasi di redazione dei criteri per l’identificazione delle aree idonee da inserire nell’emanando decreto.
Ulteriori Considerazioni:
Permitting
È necessario segnalare che nonostante l’espresso divieto introdotto nel D.lgs.199/2021, alcune Regioni stanno disponendo o hanno predisposto moratorie in merito a procedimenti autorizzativi in pieno contrasto con la norma (già segnalate al MiTE le moratorie disposte da Regione FVG, Lazio, Umbria ed Emilia Romagna), altre Regioni (come Puglia, Basilicata e Molise) pur non emanando moratorie formali hanno de facto in essere un blocco assoluto delle autorizzazioni.
È fondamentale che siano chiaramente stabiliti i ruoli dei soggetti coinvolti nell’identificazione delle aree idonee, ridimensionando il ruolo dei Comuni e delle Provincie (non autonome), nel rispetto di quanto previsto dal D.lgs.199/2021 che affida alle Regioni l’attuazione dei criteri e delle linee guida dettate dal MiTE. È necessario inoltre che venga prevista l’applicazione di poteri sostitutivi in capo al MiTE (o di altro soggetto statale) anche per il rilascio dell’autorizzazione finale alla costruzione ed esercizio (ex art. 12 D.lgs. 387/03) in caso di inerzia o irragionevole opposizione da parte delle Regioni.
La realizzazione di progetti in area idonea dovrà seguire processi autorizzativi semplificati, con iter abbreviati e tempi certi, che siano comuni per tutto il territorio. Le aree idonee dovrebbero prevedere un iter cd. “fast track”, ossia a “corsia preferenziale” rispetto alle altre aree, in aggiunta a quanto previsto dal D.lgs.199/2021[6], seguendo procedimenti autorizzativi efficienti e caratterizzati da tempistiche certe, che siano recepiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. La definizione di area idonea, infatti, non deve tradursi nella semplice possibilità di installare impianti in quella specifica porzione (possibilità non preclusa a priori in qualsiasi tipo di area), ma deve garantire un processo autorizzativo agevolato in termini valutativi e temporali. La certezza delle tempistiche autorizzative così come la loro consistente riduzione rispetto allo status quo risulta uno dei principali fattori abilitanti del processo di transizione energetica. Sarà altresì necessario garantire che nel caso in cui tra le aree idonee rientrino quelle sottoposte a vicolo paesaggistico, l’Autorità competente in materia paesaggistica si esprima con parere obbligatorio non vincolante, secondo la procedura fast track individuata. Sarà infine essenziale intervenire con delle semplificazioni per le procedure autorizzative previste per gli impianti anche all’interno delle aree non inserite tra quelle idonee (aree residuali).
La normativa dovrà superare e abrogare tutte le attuali disposizioni regionali inerenti i medesimi aspetti ed in particolare dovranno essere superate le aree idonee e non idonee già individuate, per evitare incertezze applicative e rallentamenti nel rilascio delle autorizzazioni[7] ivi inclusi i piani paesaggistici e territoriali. Tuttavia, tutti i progetti che sono stati nel frattempo sviluppati da operatori e investitori nel pieno rispetto della normativa vigente al momento dell’avvio delle attività di sviluppo dovranno essere “preservati” da potenziali regolamentazioni successive di riassetto e ridefinizione dei piani vincolistici locali.
Al fine di accelerare gli iter autorizzativi nelle aree idonee, semplificando le valutazioni di impatto ambientale, le Autorità territoriali competenti potranno effettuare preliminarmente gli studi del suolo e sottosuolo, delle migrazioni di specie protette, avifauna e fauna delle aree idonee, da mettere a disposizione di tutti i proponenti per la redazione degli studi di impatto ambientale dell’opera. Inoltre, in relazione alle aree idonee, le Autorità competenti dovranno stabilire delle regole che disciplinino il monitoraggio ambientale post operam richiesto nello studio di impatto ambientale, semplificandone il processo.
Meccanismi di sostegno
Nella definizione delle politiche di sostegno e di futuri meccanismi di incentivazione dovrà essere previsto un accesso prioritario per gli impianti realizzati nelle aree identificate come idonee (anche laddove si tratti di interventi di rifacimento/repowering), a parità di offerta economica ma anche di sistemi di premialità per impianti in aree nelle quali la realizzazione del progetto preveda costi legati alle attività preliminari di bonifica/ripristino propedeutiche alla realizzazione degli impianti (es. aree degradate da bonificare o demolizioni di eventuali edifici esistenti abbandonati) ed anche costi legati alla capacità di gestire il profilo di immissione e di fornire servizi aggiuntivi in rete.
[1] Ulteriori ~ 10 GW da impianti da fonte eolica e ulteriori ~ 30 GW da impianti da fonte solare, di questi, si stima che circa 10/12 GW potranno essere soddisfatti attraverso impianti solari residenziali e la restante quota (20 GW) attraverso impianti solari fotovoltaici a terra utility scale
[2] Le tempistiche effettive di rilascio dei titoli autorizzativi per impianti rinnovabili in Italia sono ad oggi pari, in media, a circa 5 anni per la tecnologia eolica (con punte anche di 7/9 anni) e a circa 2/3 anni per il fotovoltaico utility scale. Ci sono Regioni (es. Puglia, Basilicata, Molise) che ad oggi hanno emesso un numero esiguo di provvedimenti autorizzativi (meno del 5% delle istanze presentate) per FV utility scale nonostante centinaia di progetti presentati dal 2019. Questa tempistica potrebbe essere quindi anche superiore
[3] Sommando l’esistente e quella derivante dalle future installazioni
[4] Tale impatto è pari a meno della metà dello spazio occupato oggi da piazzali e parcheggi che insistono sul territorio nazionale
[5] Ad esempio, nell’attuale quadro normativo non è ammessa la procedura espropriativa per impianti fotovoltaici. Inoltre, nel caso di iter autorizzativi di competenza comunale come la Procedura Abilitativa Semplificata, all’interno dei quali il Comune non ha l’autorità per emettere il relativo Decreto di Esproprio (oggi in capo alle Regioni).
[6] rif. art. 22
[7] Le Aree non idonee ad oggi già identificate non devono essere un punto di partenza per l’identificazione di nuove aree, c’è necessità che le attuali aree non idonee vengano riviste in modo critico e con un approccio sistematico. Come per le aree idonee anche per l’identificazione delle aree NON idonee sarà necessario applicare dei criteri il più possibile oggettivi. Andrà comunque garantita la procedibilità delle istanze già presentate ed in corso di valutazione presso gli Enti competenti.