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Policy / Transizione energetica e procedure autorizzative

Bioliquidi, osservazioni in merito al Programma di massimizzazione

Osservazioni Elettricità Futura (30/01/2023)

Elettricità Futura e ANPEB hanno trasmesso ad ARERA un contributo condiviso con richiesta di aggiornamenti, osservazioni e proposte in merito al Programma di massimizzazione di cui alle Deliberazioni 430/2022/R/eel e 725/2022/R/EEL del 27/12/2022, con riferimento agli impianti alimentati a bioliquidi NON rilevanti di potenza compresa tra 1 e 10 MVA. 

In particolare, le Associazioni rendono disponibili dati e informazioni, analisi dei costi, nonché spunti di riflessione, rispetto ai costi medi di produzione dell’energia elettrica, utili alla definizione dei costi riconosciuti nell’ambito del Programma di massimizzazione.

Elettricità Futura e ANPEB rappresentano l’auspicio di anticipare la tempistica del 30 giugno 2023 per la quantificazione dei prezzi minimi garantiti oggetto dell’applicazione del Programma, in favore della sostenibilità economica di talune imprese che versano in particolare condizione di difficoltà.

Le Associazioni desiderano, inoltre, conoscere lo stato di avanzamento del processo per la determinazione del costo variabile riconosciuto per ciascuna unità di produzione a bioliquidi di potenza superiore a 10 MVA ammessa alla Programma di massimizzazione di cui alla deliberazione 430, a valle della presentazione, da parte di ciascun utente del dispacciamento, dei costi specifici dell’UP interessata.

Le Associazioni offrono la loro disponibilità a ogni approfondimento necessario, anche tramite l’attivazione di un tavolo di confronto dedicato.

 

Leggi il testo integrale delle osservazioni

Le associazioni scriventi, Elettricità Futura e ANPEB, in rappresentanza delle imprese di produzione di energia elettrica da bioliquidi, intendono trasmettere il proprio contributo condiviso sull’applicazione del Programma di massimizzazione di cui alla delibera 725/2022, con riferimento agli impianti alimentati a bioliquidi NON rilevanti di potenza compresa tra 1 e 10 MVA.

In particolare, così come richiesto nell’ambito del provvedimento in parola, si rendono disponibili dati e informazioni, analisi dei costi, nonché spunti di riflessione, rispetto ai costi medi di produzione dell’energia elettrica, utili alla definizione dei costi riconosciuti nell’ambito del Programma di massimizzazione.

In proposito si rappresenta, altresì, l’auspicio di anticipare la tempistica del 30 e giugno 2023 per la quantificazione dei prezzi minimi garantiti oggetto dell’applicazione del Programma, in favore della sostenibilità economica di talune imprese che versano in particolare condizione di difficoltà.

Le Associazioni desiderano, in aggiunta, conoscere lo stato di avanzamento del processo per la determinazione del costo variabile riconosciuto per ciascuna unità di produzione a bioliquidi di potenza superiore a 10 MVA ammessa alla Programma di massimizzazione di cui alla deliberazione 430, a valle della presentazione, da parte di ciascun utente del dispacciamento, dei costi specifici dell’UP interessata.

Nel ringraziare anticipatamente, le Associazioni sono a disposizione per ogni approfondimento necessario, anche tramite l’attivazione di un tavolo di confronto dedicato.

Si allega alla presente:

  • Allegato 1): Osservazioni e contributi sull’applicazione del Programma di massimizzazione agli impianti alimentati a bioliquidi NON rilevanti di potenza compresa tra 1 e 10 MW
  • Allegato 2): costi impianti tra 1 e 10 MW.

Premessa

In primo luogo, si esprime apprezzamento per il lavoro svolto.

In via generale si condivide l’approccio relativo ai pagamenti attraverso lo strumento dei Prezzi Minimi Garantiti determinati a forfait e che siano erogati dal GSE a vale sul Conto per nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, di cui all’articolo 41, comma 41.1, lettera b), del TIT.

Rispetto ai pagamenti si propone di prevedere che l’acconto erogato sia tale da coprire il costo del combustibile, più una quota parte dei costi di esercizio variabile e con tempistiche non superiori a quelle in essere per l’erogazione degli incentivi da parte del GSE (GRIN o TO).

Si precisa che la definizione di ’“energia immessa in rete” presenta un grave difetto che va chiarito e che è riferibile alla base di calcolo dell’energia.

Diversi impianti rientranti nell’ambito della DLB 725/22 sono in ambito SSPC (Sistemi Semplici di Produzione e Consumo), ovvero configurazioni SEU (Sistemi Semplici di Utenza) o similari.

In questi casi non tutta l’energia netta prodotta dalla UP (Unità di produzione) e soggetta ad incentivazione da parte del GSE (Prodotta lorda – consumi ausiliari) viene ceduta in rete, in quanto parte di essa è consumata dalla UC (Unità di consumo) presente all’interno del sistema, che può essere lo stesso produttore o un soggetto terzo.

È altresì lapalissiano che il soddisfacimento di un fabbisogno energetico all’interno del SSPC sia considerato, ai fini degli obiettivi della normativa, alla stregua di un consumo esterno in quanto, se l’impianto UP non fosse messo nelle condizioni di operare in modo economicamente efficiente, un suo eventuale spegnimento genererebbe un fabbisogno energetico da parte della UC che dovrebbe essere soddisfatto con impiego di energia di rete con il conseguente aumento del consumo di metano.

Si propone pertanto, al fine di inglobare tutte le possibili casistiche, di sostituire l’espressione “energia immessa in rete” con “energia immessa in rete e/o consumata in sito dal produttore stesso e/o terzi” di modo da far coincidere l’energia da sottoporre a PMG con l’energia netta prodotta dagli impianti a bioliquidi e che è la stessa incentivata dal GSE col meccanismo dei TO (immessa in rete) e del GRIN ex CV (energia lorda meno autoconsumo ausiliari).

In merito alla base di calcolo dell’energia da sottoporre a PMG si richiama quanto rappresentato sopra, ovvero che l’energia da sottoporre a remunerazione minima garantita deve essere pari all’energia incentivata dal GSE in quanto tutta l’energia netta prodotta dall’impianto concorre a ridurre i consumi di metano del sistema nazionale, sia se ceduta alla rete, sia se consumata sul posto da terzi o autoconsumata. Diversamente, la sostenibilità economica di numerosi impianti sarebbe compromessa.

A tale scopo si propone di modificare le parole “quantità di energia elettrica ad essi riferita” presenti ai punti a) e b) di pagina 6/7 della delibera 725/22 con “quantità di energia elettrica ad essi riferita e pari alla quantità che sarebbe stata sottoposta ad incentivazione da parte del GSE” o altra espressione simile che consenta al GSE di applicare la remunerazione sulla totalità dell’energia elettrica netta prodotta dagli impianti.

Per quanto riguarda i costi operativi da sottoporre a copertura, oltre alla materia prima combustibile, ricordiamo i costi di manutenzione ordinaria e del personale, già citati in motivazione, nonché i seguenti costi che rientrano più genericamente all’interno dei costi di gestione dell’impianto:

  • Costi per oli lubrificanti, derivanti sia dal consumo continuo di olio lubrificante, sia dalla necessità di effettuare cambi periodi completi della carica di lubrificante, un po’ come accade nelle vetture;
  • Costi per materiali di consumo (grassi, additivi, ecc.) che vengono utilizzati nel corso delle normali attività di routine sull’impianto e per l’additivazione dell’acqua e relativo trattamento
  • Costi per acqua di raffreddamento dovuti al consumo per evaporazione e spurgo dell’acqua di raffreddamento che va reintegrata e per l’acqua di riempimento dei circuiti del motore da sostituire periodicamente
  • Costi per reagenti per abbattimenti emissioni, in genere soluzione ureica o soluzione ammoniacale per l’abbattimento degli NOx
  • Costi per oneri GSE, come da convenzioni firmate dagli operatori
  • Costi per adempimenti normativi e per la sicurezza (dpi, rspp, visite ispettive, tarature, pest control, controlli qualità, ) previsti per legge o da appositi provvedimenti autorizzativi
  • Costi per gestione e smaltimento rifiuti quali residui oleosi, ricambi, carta, emulsioni oleose, ecc.
  • Costi per manutenzioni straordinarie (revisioni) da effettuare periodicamente per mantenere gli impianti efficientemente in esercizio
  • Costi per utenze, quali metano per acqua sanitaria, acqua potabile, telefonia,
  • Costi per garanzie da fornire agli enti per l’impiego di prodotti energetici (es. dazi garantiti)
  • Costi per affitti/leasing: in diversi casi il produttore non è il proprietario degli impianti di produzione e deve pagare un canone di affitto/leasing mensile
  • Costi finanziari derivanti dalla asimmetricità della struttura dei costi con la struttura dei ricavi

Tali costi vengono valutati nel caso, predominante, di funzionamento con oli vegetali ed affini, considerando marginale l’impiego del gasolio (che storicamente non ha mai superato il 5% base energetica).

In tema di per manutenzioni straordinarie programmate (revisioni) si precisa che tali costi devono necessariamente trovare ristoro all’interno dei PMG per una semplice ragione: trattandosi di un periodo di funzionamento di non breve durata, risulta evidente che se i costi di tale operazione manutentiva, che generalmente deve essere effettuata ogni 8-12 mila ore di funzionamento (quindi circa ogni 18-24 mesi), non trovassero ristoro nei PMG, la centrale non sarebbe poi in grado di pagare, con le restanti ore di funzionamento, la revisione in quanto il suo costo specifico la renderebbe impraticabile.

Relativamente alla determinazione della quota parte di affitti/leasing si ritiene che gli importi di tale voce non possano essere molto diversi dagli importi che si sarebbero avuti ammortizzando il bene acquistato, anzi dovrebbero essere sicuramente superiori dal momento che un terzo soggetto ha fatto l’acquisto, al posto del produttore, per poi locare il bene. D’altra parte, non considerare tale voce di costo porterebbe all’impossibilità da parte di numerosi produttori di poter operare gli impianti, non avendo le risorse necessarie a remunerare la locazione. Si propone pertanto di considerare tale voce ipotizzando di spalmare in 10 anni il costo di acquisto di un impianto, alla stregua di un ammortamento al 10%, e considerando una produzione media di 6.000 MWh/MW.

Con riferimento agli oneri finanziari si precisa che andrebbero separati e diversamente remunerati quelli a regime (dovuti al ritardato incasso da parte del GSE rispetto agli esborsi, mediamente pari a 75 gg) e quelli subiti in fase di avviamento del meccanismo di reintegro (dovuti al ritardo fra i costi sostenuti e la data di effettiva determinazione della tariffa minima garantita). Per semplificare l’operazione si propone di considerare una media di ritardo di 90 giorni costante da applicare all’intero periodo di massimizzazione.

In merito alla materia prima combustibile va ricordato che, data la dimensione degli impianti, i produttori non sono in grado di fare economie di scala (non è possibile acquistare direttamente una nave di combustibile o detenere quantità analoghe di prodotto) e pertanto non può considerarsi affidabile un semplice indice di prezzo di commodities internazionale. Vanno aggiunti, in funzione della tipologia di prodotto e di listino preso come riferimento, i costi di stoccaggio, di logistica internazionale, di logistica nazionale ed i costi per la certificazione di sostenibilità del prodotto, quest’ultima particolarmente onerosa con l’avvio del sistema di certificazione dei prodotti cosiddetti Low-ILUC.

Da non trascurare poi l’effetto delle accise sui prodotti energetici: data la taglia degli impianti e la quasi totalità di impianti in ciclo semplice (non combinato) i fattori di consumo, in kg/kWh, sono tali da eccedere sensibilmente la soglia di esenzione stabilita dal legislatore.

In tal caso sulla quantità di prodotto eccedente il consumo defiscalizzato (che accede ad accise agevolate) si paga l’intera accisa, variabile da 31,3887 Eur/ton per l’olio non modificato chimicamente a 617,40 Eur/m3 per il gasolio uso autotrazione (vedasi TUA - Testo Unico Accise).

Andrebbero inoltre considerate le perdite di prodotto combustibile che si hanno durante il trasferimento del medesimo (es. residuo che rimane in cisterna).

In merito ai coefficienti di defiscalizzazione di legge si propone di utilizzare i valori previsti per gli impianti in assetto cogenerativo, che il legislatore ha previsto essere il 12% in meno degli impianti in pura produzione di energia elettrica, oppure di differenziare il PMG sulla base di una clusterizzazione che separi gli impianti cogenerativi e i non cogenerativi al fine di compensare, appunto, il diverso coefficiente di defiscalizzazione. Se così non fosse si genererebbe un grave danno verso la categoria degli impianti cogenerativi che invece, stante tutta la normativa europea, dovrebbero essere sottoposti a maggiore tutela.

In merito ai listini di riferimento per i combustibili, si possono individuare anzitutto le seguenti categorie di prodotti utilizzabili come combustibile negli impianti:

  • Olio di palma grezzo (CPO)
  • Oli vegetali raffinati, quali soia, colza,
  • Sottoprodotti di origine animale (SOA)
  • Oli ricostituiti (oli riesterificati)

Per la tipologia a) che non ha un listino in Italia si possono adottare due diverse metodologie:

  • La più semplice consiste nel considerare il prezzo dell’olio di palma grezzo pari al più economico fra i prezzi rilevati al precedente punto b) tra gli oli raffinati di colza, soia e semi.
  • L’alternativa consiste nel partire dal prezzo pubblicato dalla borsa di Rotterdam per il CPO ed aggiungervi i costi di logistica internazionale e nazionale per portare tramite autobotte il prodotto in Italia; non dimentichiamo infatti che stante la dimensione degli impianti NON rilevanti e le loro capacità di stoccaggio, nessuno è in grado di prenotare/acquistare navi di prodotto dal far-east né tantomeno di far arrivare piccole navi da Rotterdam in Italia; questi impianti acquistano il prodotto già disponibile in Italia o al limite prenotano piccole porzioni di prodotto su navi in arrivo, scontando però costi di logistica portuale e di scala (in Italia arrivano navi mediamente da non più di 20 kton mentre a Rotterdam arrivano navi anche da 60 kton). In altre parole il costo del prodotto già disponibile in Italia equivale al costo del prodotto che si avrebbe trasferendo l’olio da Rotterdam in Italia via camion, con camion trasportanti al massimo 23 ton di prodotto caduno per via delle limitazioni al traffico pesante imposte da alcuni paesi. Sulla base delle ns informazioni tali costi di trasporto incidono per oltre 200 Eur/ton sulla materia prima come meglio dettagliato nell’Allegato 2.

Occorre, poi, aggiungere i costi della certificazione di sostenibilità e le perdite ammissibili di prodotto per calo naturale. In merito ai cali naturali, applicabili a tutti gli oli vegetali e grassi animali, la tabella A allegato al DM 55/2000 prevede un calo ammissibile pari al 2%. Si ritiene quindi plausibile un valore pari allo 0,5% del prodotto consumato. Per il gasolio che invece ha modalità di computazione diverse e limite inferiore si propone un calo ammissibile dello 0,1% sul consumato.

Per la tipologia b) di oli, i cui valori di riferimento sono reperibili su listini quotati in Italia, come da esempio il listino dell’Associazione Granaria di Milano, si può utilizzare tale listino come riferimento di prezzo facendo, mensilmente, la media dei valori pubblicati settimanalmente. In particolare, si suggerisce l’impiego della categoria 22 del listino dell’Associazione Granaria relativo agli oli commerciali prodotti in Italia da materie prime non OGM. In questo caso a tali prezzi, relativi appunto ad oli già disponibili in Italia, va aggiunto il solo costo della dichiarazione di sostenibilità, le perdite e la logistica per la consegna del prodotto. Per semplicità si consiglia poi di utilizzare un unico valore pari alla media rilevata di 3 prodotti: olio raffinato di colza, olio raffinato di soia, olio raffinati di semi vari, in modo da ridurre le varie casistiche ad una soltanto.

Per la tipologia c) di prodotto si suggerisce l’impiego del listino dell’Associazione Granaria di Milano alla categoria 19, relativa ai grassi animali. In particolare, andrebbe utilizzata la 2° voce della categoria relativa ai grassi avente max 4% di acidità, ma considerando un premium price che i fornitori richiedono per la filiera energetica e che porta il prezzo finale pari al valore di costo della prima voce della categoria 19 (sego animale). Sono da aggiungere anche qui i costi di consegna (si può stimare un limite di 100 km di distanza), e di certificazione di sostenibilità

Per la tipologia d) di prodotto non sembra essere disponibile un listino pertanto si suggerisce di utilizzare il valore più economico derivante dai listini delle categorie a), b) e c) in quanto tale tipologia di oli viene utilizzata generalmente solo se più economica, considerando poi che il risparmio ottenuto dal minor costo di olio viene in genere speso in maggiori costi di manutenzione dal momento che tali oli sono più usuranti per il motore rispetto ai precedenti.

Per la tipologia e) si suggerisce l’impiego del valore pubblicato settimanalmente dal MASE relativamente al maggior valore, come prezzo netto, tra il gasolio uso riscaldamento ed il gasolio uso autotrazione. La scelta di applicare il maggiore dei due valori, che comunque sono sempre molto vicini come prezzo netto, deriva dal fatto che in genere gli impianti non hanno stoccaggi sufficienti di gasolio per far arrivare una cisterna completa.

Dovendo fare quindi consegne parziali, inevitabilmente il prezzo è leggermente maggiore e la scelta di utilizzare il maggiore dei due valori serve appunto a compensare questo effetto.

Occorre impiegare il prezzo netto del gasolio, senza accise (che verranno poi aggiunte successivamente pro- quota in base ai coefficienti di defiscalizzazione di legge) e iva, tenendo presente che in questo caso il prezzo esposto è in Euro per 1000 litri e non in Euro per tonnellata come negli altri casi.

E’, inoltre, da valutare l’applicazione o meno, per il gasolio, anche di una quota a copertura dei costi per emissione CO2, presso impianti soggetti a ETS (potenza termica superiore a 20 MWt). Sulla base delle informazioni derivanti dagli associati alla scrivente associazione, nessun impianto NON rilevante (< 10 MVA) dovrebbe avere una potenza termica superiore a 20MWt, ma siamo in una situazione borderline, in quanto il limite, a ns avviso, si ha attorno agli 8,5 MWe. Occorre valutare se esistano soggetti NON rilevanti a cui invece tale obbligo ETS sia applicabile.

Sempre in merito al gasolio si segnala infine, che nel caso di impiego di tale combustibile in misura inferiore al 5% massimo previsto dalle norme, tutta la produzione elettrica andrebbe iscritta a fonte rinnovabile e quindi remunerata sulla base dei PMG previsti per i bioliquidi

Il costo complessivo del combustibile, con l’aggiunta quindi di tutte le voci di costo ad esso correlato (trasporto, sostenibilità, quota parte di accise, perdite ammissibili, ecc.) al fine di arrivare al costo del prodotto netto a bordo motore della centrale, costituirà la base a cui applicare il coefficiente di consumo specifico espresso in kg/kWh (equivalente quindi a ton/MWh) per calcolare il contributo del combustibile, espresso in Eur/ton, al PMG espresso in Eur/MWh.

In via generale, stante la situazione emergenziale e la necessità di provvedere a far sì che ogni impianto possa dare il proprio contributo, dovrebbe essere adottato un coefficiente di consumo specifico tale da far sì che anche gli impianti meno efficienti possano essere messi nella condizione di operare.

Nella situazione attuale, con impianti già esistenti, in molti casi già da diversi anni, occorre utilizzare valori prudenziali che sicuramente non possono essere quelli di targa degli impianti o di collaudo, che tendono a ricreare situazioni ideali che ben si discostano dalla normale quotidiana operatività.

Nel fare il calcolo dei fattori di consumo si deve poi tener conto di quanto segue:

  • La produzione elettrica deve essere pari a quella prodotta netta(1)
  • Il consumo di combustibile deve ricomprendere tutti i prodotti utilizzati, incluso il gasolio
  • Eventuali combustibili utilizzati che abbiamo PCI sensibilmente diverso dagli oli vegetali (tipicamente compresi fra 36,5 e 37,0 MJ/kg) vanno riparametrati, sulla base del pro-quota del proprio contributo energetico, dato dal PCI, agli oli vegetali al fine di computarli correttamente, incluso il gasolio (PCI 42,7 MJ/kg)

(1) Questo avvalora la richiesta, presentata all’inizio della presente comunicazione, di considerare l’energia a cui applicare i PMG pari a quella netta e non quella immessa in rete. Se infatti si optasse per la sola energia immessa in rete, allora si dovrebbe coerentemente utilizzare la stessa grandezza per il calcolo del fattore di consumo, arrivando a valori specifici di consumo irrealistici.

Nel caso non fossero disponibili i dati di consumo del gasolio occorre considerare conservativamente un suo contributo pari al 5%, base energetica, sul totale combustibili utilizzati in quanto limite consentito di utilizzo negli impianti a bioliquidi

In base alle informazioni in ns possesso nella sezione di impianti di taglia ricompresa fra 1 MW (limite inferiore proposto per questa clusterizzazione ed anche limite inferiore per impianti degli associati ANPEB) e 10 MVA (limite superiore per gli impianti NON rilevanti) si possono avere fattori di consumo piuttosto diversi.

Si propone pertanto di utilizzare come fattore di consumo per un possibile cluster da 1 MW a 10 MVA il valore di 0,245 kg/kWh, valore valido per tutte le tipologie di bioliquido esposte in precedenza.

In caso di utilizzo di più tipologie di combustibile si suggerisce che il GSE eroghi l’incentivo in acconto sulla base di tariffe in grado di coprire l’impiego di qualsiasi combustibile più una quota dei costi operativi, per poi effettuare uno o più conguagli sulla base del pro-quota combustibili.

Nell’Allegato 2, si riportano le voci di costo e le metodologie suggerite in precedenza con le formule.

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