Elettricità Futura ha trasmesso una lettera al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e al Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie per segnalare le criticità rappresentate dalla Legge della Regione Puglia n.28/22, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 1 e 2, che impongono misure di compensazione territoriale e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei soggetti proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche con un ambito di applicazione che riguarda le strutture già esistenti e che sembrerebbe volersi rivolgere anche alle fonti energetiche rinnovabili.
Le disposizioni contenute nella norma si pongono in netto contrasto con i principi generali in materia energetica fissati dalla legislazione nazionale.
Elettricità Futura auspica un intervento delle Autorità competenti per assicurare che non vengano adottate disposizioni regionali non conformi alla legislazione nazionale vigente, con forte impatto su un settore già fortemente colpito dalla crisi energetica ed in contrasto con gli obiettivi di transizione energetica e di promozione delle rinnovabili.
Leggi il testo integrale della lettera e le osservazioni di dettaglio
Lettera
Onorevoli Ministri,
Elettricità Futura desidera portare alla vostra cortese attenzione le criticità rappresentate dalla Legge regionale in oggetto, con particolare riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 1 e 2, che impongono misure di compensazione territoriale e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei soggetti proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche con un ambito di applicazione che riguarda le strutture già esistenti e che sembrerebbe volersi rivolgere anche alle fonti energetiche rinnovabili.
Le disposizioni contenute nella norma si pongono in netto contrasto con i principi generali in materia energetica fissati dalla legislazione nazionale mediante la Legge n. 239 del 2004 e dall’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003, la cui attuazione è stata disciplinata con il D.M. 10 settembre 2010.
Affidando alla nota allegata la descrizione puntuale dei profili di illegittimità della legge, auspichiamo un intervento delle Autorità competenti per assicurare che non vengano adottate disposizioni regionali non conformi alla legislazione nazionale vigente, con forte impatto su un settore già fortemente colpito dalla crisi energetica ed in evidente contrasto con gli obiettivi di transizione energetica e di promozione delle rinnovabili.
Certi dell’attenzione che riserverete alla presente segnalazione, restiamo a completa disposizione per ogni approfondimento necessario.
Osservazioni
La legge 28/2022 della Regione Puglia in applicazione di principi di efficientamento e di riduzione delle emissioni climalteranti e al fine di attenuare gli effetti negativi della crisi energetica, introduce due tipologie di misure di compensazione. Dalle relative disposizioni emergono evidenti profili di illegittimità costituzionale.
L’art. 1 comma 2 della legge stabilisce che «qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia) e, ove pertinenti, dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), sono dovute misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale a carico dei proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture energetiche sul territorio pugliese, anche relative a strutture esistenti e in attività alimentate con combustibili di natura fossile».
Con un ambito di applicazione esteso espressamente anche al settore elettrico i successivi commi 3 e 4 demandano alla Giunta Regionale di curare i negoziati con i soggetti tenuti alle misure di compensazione, sentiti gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati, e di definire le linee guida per la determinazione e il monitoraggio delle misure di compensazione.
L’art. 2 prevede che “……al fine di contenere il costo del gas sostenuto dalle famiglie pugliesi e tenuto conto della mancata corresponsione di qualsiasi forma d’indennizzo o investimento anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale, è disposta per ogni impianto o infrastruttura, nella misura del 3 per cento del valore commerciale del volume del gas prodotto, trasportato o importato in Italia, la misura di compensazione e riequilibrio territoriale a carico dei proponenti, dei produttori, dei vettori e dei gestori di impianti e infrastrutture di gas presenti, anche in esercizio, sul territorio pugliese.
- I soggetti si cui al comma 1 cedono il gas ai gestori della rete di trasporto locale e da questi ai distributori locali e alle società di vendita, al prezzo decurtato dall’ammontare della compensazione disposta dal comma 1, affinché il corrispettivo sia detratto a titolo di sconto in fattura alle utenze domestiche delle famiglie pugliesi. Lo sconto deve essere espressamente indicato in ogni fattura
3......
- Alle misure di compensazione territoriale di cui al presente articolo, limitate agli impianti e alle infrastrutture del gas, anche in esercizio, si aggiungono le misure di compensazione e riequilibrio ambientale con il procedimento di cui all’articolo 1.
Profili di illegittimità costituzionale delle previsioni della Legge regionale - Violazione dei principi generali stabiliti dallo stato
L’art. 117, comma 3, della Costituzione, nell’attribuire alla potestà legislativa concorrente la materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, stabilisce che spetta alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.
Nell’esercizio delle prerogative statali nelle materie oggetto di legislazione concorrente, i principi fondamentali in materia energetica sono stati fissati con la legge n. 239 del 2004 e, per gli impianti da fonti rinnovabili, dall’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003, la cui attuazione è stata disciplinata con il D.M. 10 settembre 2010.
In virtù dei principi fondamentali sopra richiamati, nel settore della produzione termoelettrica, le misure di compensazione (a) hanno natura esclusivamente volontaria, (b) per gli impianti di potenza pari o superiore a 300 MW sono alternativi al pagamento del contributo previsto dai commi 36 e 37 della legge 239/2004, (c) valgono soltanto per nuovi impianti o per il ripotenziamento degli impianti esistenti ed hanno durata limitata nel tempo.
La previsione che estende la debenza delle misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale anche alle strutture esistenti - e in attività alimentate con combustibili di natura fossile – si pone altresì in netto contrasto anche con i principi contenuti nell’art.41 della Costituzione oltreché del legittimo affidamento.
- Natura volontaria e non meramente patrimoniale o economica delle compensazioni - Contrasto della Legge regionale con i dettami di cui al D.M. 10 settembre 2010[1] e della legge 239/2004
La legge regionale in esame sembrerebbe rivolgersi anche alle fonti energetiche rinnovabili, là dove si richiama il D.M. del 10 settembre 2010, recante – per l’appunto – le linee guida per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Proprio il richiamo al sopra citato D.M. del 10 settembre 2010 evidenzia l’incongruenza della previsione normativa regionale e la palese contrarietà alle norme ivi contenute oltreché ai principi immanenti nel diritto dell’energia.
L’art. 1, comma 2, della Legge regionale stabilisce che “sono dovute misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale”. Il legislatore regionale sembra, dunque, avere la presunzione di inserire una obbligatorietà e un automatismo delle misure di compensazione, là dove – invece – il legislatore statale, nella definizione dei principi fondamentali, ha espressamente optato per l’eventualità delle misure compensative.
L’eventualità delle misure compensative è chiaramente desumibile sin dalla rubrica dell’Allegato 2 al D.M. del 10 settembre 2010 “Criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative”. Partendo da questo presupposto, il paragrafo 2 del citato D.M. non lascia spazio a differenti interpretazioni; in particolare, le misure di compensazione:
- hanno natura eventuale[2] [3];
- devono essere concrete e rapportate all’eventuale e specifico impatto ambientale dell’impianto[4];
- vengono definite in sede di conferenza di servizi e sono stabilite dal provvedimento autorizzativo finale[5]; dunque, non hanno natura convenzionale, né – tantomeno – i negoziati possono essere curati dalla Giunta Regionale (come, invece, previsto dall’art. 1, comma 3 della Legge regionale), dal momento che persino l’art. 12, comma 6, del D. Lgs. n. 387/2003 prevede che “l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province”.
In aggiunta a quanto sopra indicato, le misure di compensazione non possono avere carattere meramente patrimoniale o economico. La Regione Puglia, invece, all’art. 1, comma 3, lett. e) della Legge in esame, prevede tra gli obiettivi da perseguire con questa misura normativa anche l’“indennizzo anche a titolo di riequilibrio per concentrazione di attività, impianto e infrastruttura a elevato impatto territoriale”.
L’art. 1, comma 5 della Legge n. 239/2004 precisa che “le regioni, gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”, che, appare utile rammentare, prevede che “l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province”.
- Ulteriori profili di contrasto con la Legge n. 239/2004
La Legge 239/2004, come già sottolineato, attribuisce allo Stato il compito di definire gli obiettivi generali e le linee di politica energetica che devono ispirare l’azione dello Stato e delle Regioni.
I principi e gli obiettivi della legislazione in materia di energia sono definiti ed individuati nell’art.1, commi da 1 a 8 della citata legge e, per quanto di interesse, al comma 1, la stessa, nell’enunciare la portata del provvedimento, precisa che il provvedimento reca oltre che i principi fondamentali in materia energetica, anche disposizioni volte a garantire la tutela di quelle materie “trasversali” di competenza esclusiva statale (tutela della concorrenza, tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tutela dell’ambiente), “al fine di assicurare l’unità giuridica ed economica dello Stato ed il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della normativa comunitaria”.
Il comma quarto, posto a fondamento della competenza esercitata con la legge regionale in esame, prima di stabilire alla lett.f) la possibilità di prevedere “eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale” premette che lo Stato e le Regioni sono tenute ad assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia “in condizioni di omogeneità sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe ed al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi”.
Ne discende che quanto previsto dall’Art. 2 della legge regionale in esame recante Misure di compensazione territoriale relative agli impianti e alle infrastrutture di gas introducendo misure di compensazione volte ad incidere su tariffe e formazione dei prezzi, si pone in violazione di gran parte dei principi costituzionali richiamati ed enucleati proprio dal citato art.1,comma 4, L.239/2004.
Inoltre le disposizioni introducono significative alterazioni dell’assetto di rapporti tra i soggetti attivi sulla filiera, sovrapponendosi al complesso di prescrizioni regolatorie già vigenti in materia di regolazione della vendita di gas al mercato finale e di emanazione centrale, novandolo solo limitatamente ad una porzione del territorio nazionale con l’introduzione di procedure onerose e con possibili impatti in termini di distorsione della concorrenza e di alterazione del buon funzionamento del mercato.
Sulla natura meramente economica della misura compensativa si rimanda a quanto esposto in precedenza
[1] La Corte Costituzionale, con sentenza n. 11/2014, ha elevato le Linee Guida Nazionali (i.e., D.M. 10.09.2010) a parametro del giudizio di costituzionalità e qualificate come norma interposta, la cui violazione determina una indiretta lesione del riparto di competenze di cui all’art. 117, comma 3, Cost.
[2] “non dà luogo a misure compensative, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto sull’ambiente” (paragrafo 2, lett. a).
[3] “secondo l’articolo 1, comma 4, lettera f) della legge n. 239 del 2004, le misure compensative sono solo «eventuali», e correlate alla circostanza che esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale” (paragrafo 2, lett. d).
[4] “le misure compensative devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’impianto e del suo specifico impatto ambientale e territoriale” (paragrafo 2, lett. c).
[5] “le misure compensative sono definite in sede di conferenza di servizi (…)” (paragrafo 2, lett. f).